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Prefazione 
 
Leggere in anteprima il lavoro di Marco Bianchini, un allievo che ho ritrovato dopo tanti anni, mi ha causato un vero piacere. L’occasione mi ha spinto a ripensare ad alcune questioni connesse al rilievo ed alla analisi dei monumenti antichi, un binomio inscindibile che si tenta sempre di dividere affrontando i due argomenti separatamente. 
Nel campo archeologico non ci sono, a mio avviso, edifici o monumenti da rilevare, ma solo edifici o monumenti da studiare che non possono essere capiti senza il rilievo. Secondo me, dunque, la figura del rilevatore tecnico, quello che fa il prezioso lavoro del vecchio disegnatore di soprintendenza, deve essere nettamente distinta da quella dell’archeologo che, a fine di studio, rileva gli edifici antichi, un archeologo particolare che, anziché della ceramica, o della statuaria, o della scultura architettonica o dell’archeologia globale, si occupa seriamente dell’edilizia antica. 
Ogni volta che questo tipo di archeologo si accosta allo studio di un qualsiasi monumento è costretto a verificare la desolante inconsistenza della conoscenza del monumento stesso a confronto con la ricchezza delle descrizioni e delle “interpretazioni” più o meno fantasiose che lo avvolgono.  
La sua preparazione, basata soprattutto sulla conoscenza delle strutture, sulle leggi che le reggono, sulla capacità di lettura delle tracce che la storia ha lasciato sui muri, sul significato dei quadri fessurativi e soprattutto sull’indisponibilità a far prevalere il fascino della interpretazione fantasiosa sul giusto peso da dare alla realtà materiale, si avvale del rilievo per comprendere il significato di indizi sparsi che egli, attraverso la traduzione in un codice grafico o elettronico leggibile, renderà espliciti ricostruendo la storia dell’edificio. 
Il rilievo afferisce di norma a personaggi differenti: uno è un tecnico, spesso assai preparato, che ha a che vedere con l’archeologia per il solo fatto di condividere con l’archeologo il sito in cui opera ed al quale fornisce il supporto grafico e l’altro è uno studioso che si fa carico in primo luogo di dialogare con l’edifico da rilevare e si serve del rilievo stesso come mezzo e/o occasione per studiarlo. 
E’ tra questi due professionisti che si colloca l’archeologo tradizionale, che, ha tutto l’interesse, per posizione ed impreparazione, a contrarre in una sola figura, ovviamente quella del tecnico, i due personaggi. L’operazione fa comodo e riesce quasi sempre: l’archeologo rilevatore, colui che in realtà possiede meglio l’edificio, rimane nella sfera tecnica, quella, per intendersi dei geometri. Il suo prodotto è apprezzatissimo per elevare il tono delle pubblicazioni e conferire un’aura scientifica e tecnicamente aggiornata; ma l’attore risulta certamente di categoria inferiore rispetto all’archeologo vero, al capo dei capi, verso cui debbono confluire tutti i dati, il solo capace di estrarre le grandi sintesi. 
Questi non ammetterà mai che quello che a lui sfugge sia stato invece capito dal “tecnico” rilevatore che ha a lungo parlato con le strutture. E’ per questo che nelle imprese archeologiche capita che la conoscenza tra i diversi attori possa essere parcellizzata, sminuzzata, non “interfacciata”, come si dice ora: si tratta in fondo dell’arcaico, ma sempre efficace divide et impera.  
Così il rilevatore, perfettamente inserito nel girone edificio — scanner laser — rilievo — GIS — e ritorno rischia di continuare ad essere il geometra della situazione. Il suo lavoro finirà nell’ennesimo GIS, che spesso diventa un vero e proprio buco nero, ed a soffrirne saranno inevitabilmente i monumenti. 
I nostri sono tempi di rapidissimo cambiamento in tutti i campi dei supporti conoscitivi. Uso coscientemente il termine “ cambiamento” in luogo di “sviluppo” o “ evoluzione” o “ progresso” perché non sono affatto sicuro che di questo si tratti. Cambiamento dunque. Qualche decennio fa la sola ipotesi che si potesse fare un rilievo 3D in laserscanning con nuvole di punti tridimensionali o anche il rilevamento in itinere stop and go con la tecnologia GPS, o il rilievo di dettaglio con la stazione totale laser motorizzata sarebbe stato considerato frutto di pura fantasia.  
In pochissimi anni, invece, i sistemi tradizionali che si erano venuti perfezionando tra il XVI ed il XX secolo sono stati sconvolti alla radice. 
Questo costringe coloro che da diverse angolazioni si occupano con competenza, attivamente ed in prima persona, di rilievo e analisi tecnica delle strutture ad inevitabili aggiornamenti metodologici che, però, debbono muovere da assunti ben definiti. 
Non dobbiamo dimenticare innanzi tutto che la difficoltà maggiore del lavoro non consiste nel trarre le misure dal reale e riportarle su carta o su scheda elettronica, ma nel convincere i colleghi archeologi che il rilievo non è una mera tecnica destinata alla documentazione, ma un mezzo di studio, forse il solo, che consente la conoscenza dell’edificio e che avere tra le mani un bel disegno tradizionale o una stupefacente immagine elettronica non vuol dire affatto aver compreso il monumento. 
L’azione del rilevare, poi, serve spesso a scrostare dalla mente dell’archeologo una serie di luoghi comuni sull’architettura antica sedimentatisi nel tempo e frutto della descrizione “ad occhio” delle architetture residuali e destinati, in genere, alla redazione di guide più o meno turistiche. 
Il manuale di Marco Bianchini si presenta in questo quadro di malintesi e spesso equivoci approcci all’architettura antica cercando di mettere ordine. Esso, basato su una lunga esperienza di studio e quindi di rilevamento, non è scritto da un rilevatore, ma da un archeologo che, occupandosi dello studio degli edifici antichi, si è, con onestà intellettuale, provvisto dei mezzi necessari allo scopo; la molla che sottende il suo lavoro non è quella di offrire la migliore documentazione possibile ad un committente, ma quella di mettere a disposizione di ognuno tutta la gamma dei mezzi adatti a studiare un qualunque edificio, di qualunque periodo. Purché l’interesse primario sia quello di ricostruirne la storia. 
La condizione essenziale perché questo libro funzioni risiede all’esterno del libro stesso, negli interessi di chi lo userà: se questi interessi mireranno solo alla documentazione, a riempire una scheda, a fornire un pretesto per la rendicontazione di una campagna di scavo, il lavoro sarà stato culturalmente inutile, ma servirà comunque sul piano della strategia economica. 
Il pericolo grave, è bene ripeterlo, è proprio che rafforzi il comodo convincimento che chi si occupa di rilevamento sia un tecnico. Così, una volta definiti i contorni di questa figura, alla quale si può, al più, concedere di essere anche un archeologo - ma certo di categoria inferiore “perché si occupa di muri” - il tecnico diventa un’appendice dello strumento e si distacca completamente dal vero scopo della sua attività. 
Il cammino su questo percorso è già ben avviato e rischia di essere accelerato proprio grazie alla tecnologia e forse l’informatica ha dato ancora di più ai “non addetti ai lavori” la sensazione che, per capire l’edificio, sia sufficiente avere materialmente il rilievo. L’importante è che tale rilievo sia“scientifico”, mentre è ovvio che un rilievo può essere esatto o errato ma certo non scientifico, che non vuol dire nulla. 
 
Cairoli Fulvio Giuliani 
 
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