001 indice analitico pagina a iper://home.aeh|1 acquisto libro iper://home.aeh|0
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo XIII 
Il rendering
 
 
 
 
1. L’esecuzione del render 
 
Il rendering è una procedura finalizzata alla creazione di un’immagine fotorealistica di un modello tridimensionale, gestita sia dai CAD generici sia, in forma più evoluta, dai software di modellazione. Tutti i programmi dispongono di una serie di comandi — situati nei CAD generici nel menù a tendina Visualizza/render e in un’apposita barra - dedicati alla esecuzione del rendering (o render) ed alla elaborazione della scena (fig. 99 n. 1). Questi consentono una serie di operazioni che aumentano l’effetto di realismo: posizionamento di luci, mappatura del modello con materiali, creazione di uno sfondo, effetti di nebbia, aggiunta di oggetti che definiscono il paesaggio, come alberi e persone. 
Il comando Render, la cui icona mostra per convenzione una teiera, crea un’immagine fotografica del modello rispetto al punto di vista impostato in quel momento. Questa verrà salvata come file BMP o JPEG in una qualunque cartella del computer e potrà essere successivamente aperta, ed eventualmente rielaborata, all’interno di un programma di grafica raster. 
Quando si esegue il comando Render, si apre una finestra ove vanno impostati vari parametri che attengono alla qualità e alla risoluzione dell’immagine (n. 3). Se al modello non sono stati aggiunti né materiali né luci, il render restituisce una fotografia ombreggiata a colori, illuminata da una luce di default angolata a 45 gradi; i vari oggetti conservano i colori dei rispettivi layer (n. 2). Il tipo di rappresentazione è molto simile alla vista ombreggiata che si può utilizzare in fase di lavoro. La differenza è che quella ottenuta con il render è una immagine fissa di tipo raster che può essere salvata come tale.  
Una veduta di questo tipo viene restituita dal computer in pochi secondi. Un’ambientazione più complessa con aggiunta di luci particolari e materiali richiede invece numerosi calcoli che devono tenere conto delle ombre, dei riflessi sui materiali e di tutte le possibili sfumature di luce, richiedendo in questo caso un tempo molto più lungo, anche un minuto e oltre per un singolo fotogramma, soprattutto se nella finestra di render è stata programmata una risoluzione elevata per l’immagine da creare. Il render può essere eseguito utilizzando alcune tecniche particolari che si basano su determinate procedure di calcolo dei percorsi compiuti dalla luce, le quali richiedono un’elaborazione più lenta ma contribuiscono a dare alla veduta un effetto di maggiore realismo, tra queste il Radiosity che produce un ammorbidimento delle ombre e il Ray Tracing il quale restituisce in modo particolarmente efficace le riflessioni dei materiali.  
 
2. I materiali 
 
Tutti gli elementi del modello possono essere rivestiti da texture (v. Cap. 8, fig. 67) cioè da immagini raster che imitano i materiali reali e si ripetono serialmente sulle facce dei solidi o sulle mesh per file orizzontali e verticali formando un mosaico: la parola inglese “texture” significa infatti “trama di tessuto o di tappezzeria”. Una finestra del programma, attivabile con l’apposito comando situato nella barra (o nel menù) dei render, consente la creazione e la gestione di una libreria di materiali (fig. 100a). Questi sono generalmente costituiti da immagini raster, in formato TGA, BMP, JPEG o altri, archiviate in una qualunque cartella del computer, le quali vengono caricate all’interno della libreria e quindi applicate agli elementi del modello; ciò può avvenire o selezionando volta per volta i singoli oggetti, oppure associando ogni materiale a un insieme di oggetti appartenenti allo stesso layer. 
I programmi CAD mettono a disposizione una serie di materiali e di motivi decorativi predefiniti, i quali sono concepiti in genere per la progettazione edilizia o di arredamento, per cui male si adattano alla rappresentazione di manufatti antichi. Nell’ambito delle ricostruzioni archeologiche i risultati migliori si ottengono utilizzando immagini fotografiche che riproducono i materiali originari e che vanno sottoposte a un particolare trattamento con un programma raster allo scopo di eliminare differenze di colore e di chiaroscuro o altri elementi troppo appariscenti in modo da non rendere evidente la serialità del motivo (cfr. Cap. 8, par. 5). Molte texture relative a materiali di edifici storici (soprattutto vecchie tegole, muri in mattoni o in blocchi di pietra) sono liberamente scaricabili da siti internet organizzati come vere e proprie librerie con varie pagine suddivise per temi. E’ però ancora molto difficile, se non impossibile, trovare immagini di materiali che riproducano realisticamente le tecniche edilizie antiche. Queste converrà pertanto produrle in proprio fotografando le murature che ci sembrano più adatte, avendo cura che le porzioni inquadrate siano il più possibilmente omogenee e operando poi i dovuti trattamenti. Le texture così create andranno archiviate in modo da poter essere eventualmente riutilizzate in altri modelli (fig. 100b).  
La fig 67 (Cap. 8) può dare conto dei risultati del procedimento di mappatura di un modello 3d dei Mercati Traianei. Il travertino, come l’opera laterizia e il basolato, è definito da numerose ripetizioni di una stessa texture fotografica rettangolare sulle varie facce dei solidi che compongono il marciapiede e il portale. I giunti delle lastre sono stati realizzati in fase di costruzione del modello, creando delle incisioni nel volume del marciapiede. I punti di attacco tra le texture dell’opera laterizia sono appena visibili a causa di un ricorso in mattoni lievemente più chiaro degli altri che si ripete numerose volte nella scena; il fotogramma andrà pertanto ulteriormente migliorato. Per la ghiera dell’arco di scarico è stata utilizzata invece una sola immagine raster adattata alle dimensioni dell’elemento. Per il legno della porta è stata impiegata una immagine bitmap predefinita contenuta nella libreria del programma.  
I CAD e soprattutto i programmi di modellazione più evoluti consentono in alternativa di applicare alle superfici del modello delle mappe procedurali. In questo caso i i materiali sono creati non sulla base di immagini raster ma da descrizioni matematiche delle loro caratteristiche visive. In sostanza si utilizzano materiali predefiniti contenuti nella libreria del programma (ad esempio mattoni, legno, fumo), aventi alcune caratteristiche di base: linee dei ricorsi orizzontali e dei giunti verticali nel caso dei mattoni, venature curvilinee nel caso del legno, motivo casuale di pixel bianchi e neri nel caso del fumo e così via. Questi elementi fondamentali possono essere modificati in molti modi, assegnando dei valori numerici a una serie di caselle situate nelle finestre di un apposito ambiente operativo — editore dei materiali — che influiscono su determinati parametri: rugosità, colore, riflessione, scala, disturbo, ecc.. I materiali possono essere inoltre mischiati assegnando dei valori percentuali che definiscono il grado di prevalenza degli uni rispetto agli altri. 
Conviene talvolta ricorrere a questo sistema per la mappatura di oggetti di forma particolare che non si prestano a essere rivestiti da un mosaico di texture rettangolari. E’ il caso ad esempio degli archi a mattoni, ciascuno dei quali andrebbe rivestito da un singolo fotogramma perfettamente commisurato alle dimensioni dell’elemento. Una soluzione del genere richiederebbe però moltissimo tempo se il modello architettonico dell’edificio contenesse numerosi archi di forme e dimensioni diverse, in quanto andrebbe approntata almeno una texture per ogni tipo. Il problema può essere più facilmente risolto in questo caso per mezzo delle mappe procedurali. La fig. 100c mostra un arco in bipedali, composto cioè da un’unica fila di mattoni lunghi quasi 60 cm, mappato con questa tecnica. E’ stato utilizzato un materiale predefinito della libreria del programma relativo a un generico muro a mattoni. Operando nelle finestre dell’editore dei materiali è stato possibile eliminare i ricorsi orizzontali, determinare il modulo dei mattoni verticali compresa la larghezza dei giunti, generare un effetto di disturbo casuale sul bordo dei bipedali, creare una miscela di diverse tonalità di rosso che serve a invecchiare i mattoni creando piccole chiazze irregolari; una miscela di grigio chiaro e grigio scuro è stata utilizzata per la resa della malta. Questa texture potrà essere applicata senza problemi a tutti gli archi dell’edificio.  
Le texture procedurali sono particolarmente utili anche per la realizzazione dei materiali vetro e acqua; si seleziona un materiale predefinito del programma e si assegnano determinati valori alle relative mappe di riflessione e trasparenza. Giocando sui parametri della mappa di rugosità si possono addirittura creare delle increspature sulla superficie dell’acqua che simulano il movimento delle onde (fig. 100d). 
Sono state utilizzate le texture procedurali anche per creare il cocciopesto della vasca alla fig. 100d. Si è partiti da un materiale predefinito composto da un motivo casuale di pixel bianchi e neri cui sono stati assegnati due colori di base diversi, mischiandoli fra loro e creando un effetto di rugosità. Le texture dell’opera cementizia e dell’opera reticolata sono state realizzate invece utilizzando delle immagini fotografiche. Nel caso dell’opera reticolata la ripetizione del motivo è piuttosto evidente; anche in questo bisognerà reintervenire sul fotogramma per attutire i chiaroscuri. 
Alle texture dei materiali, sia procedurali che immagini raster, va sempre attribuito un rapporto di scala (coordinate di mappatura), il quale determina la dimensione della texture all’interno del modello. Occorre fare un calcolo che tenga conto della dimensione reale del pezzo di muratura rappresentato nel singolo fotogramma. Conviene a volte procedere per tentativi facendo alcuni render di prova ed eventualmente qualche aggiustamento a occhio. 
Le texture possono essere diversamente scalate sui tre assi cartesiani (denominati per convenzione U,V,W anziché x,y,z quando si parla di coordinate di mappatura). Ad esempio nella fig. 102b per rivestire il muro della cella del tempio dorico con opera quadrata di tufo giallo è stata applicata una texture che rappresentava l’opera laterizia. Variando il rapporto di scala sull’asse V rispetto all’asse U è stata più che raddoppiata l’altezza dei mattoni rispetto alla lunghezza. In tal modo i laterizi sono stati trasformati in blocchi parallelepipedi. Il programma ha inoltre consentito di mischiare il colore giallastro assegnato al layer del muro con quello della texture dell’opera laterizia (missaggio). 
In alternativa la texture, invece di essere scalata e ripetuta numerose volte sulla faccia dell’oggetto formando un mosaico, può essere adattata (fit) a riempire l’intera superficie dell’elemento a cui è applicata. E’ preferibile adottare questa procedura quando si intende rappresentare la superficie dell’oggetto nel suo stato attuale, nel qual caso si utilizzerà una foto orto-raddrizzata dello stesso elemento. Si può ad esempio applicare una fotografia che inquadra l’intera facciata di un edificio sulla faccia corrispondente del modello (fig. 100e). Lo stesso procedimento viene utilizzato per adattare alle varie parti di una mesh generata da una nuvola di punti le relative riproduzioni fotografiche ottenute con una fotocamera integrata al laser scanner. Come si è visto prima a proposito degli archi a mattoni, un elemento architettonico il quale presenta una disposizione dei materiali non riproducibile con un mosaico di texture disposte per file orizzontali e verticali potrà essere rivestito da una texture costituita da un’unica immagine fotografica dello stesso elemento — o di un altro avente le medesime proporzioni — la quale viene adattata alle dimensioni dello stesso. 
 
3. Le luci 
 
Nel rendering è preimpostata come si è visto una luce di default con angolo di 45 gradi rispetto al punto di vista corrente. Assai migliori risultati si ottengono posizionando dentro al modello delle specifiche sorgenti luminose delle quali possono essere variati l’intensità e il colore. Si tratta di un’operazione complessa che richiede numerosi render di prova. 
Per tutte le scene si imposta innanzitutto una luce uniforme, detta luce ambiente o luce circostante, che non proviene da alcuna direzione e non genera ombre portate ma serve a definire l’intensità e il tono della illuminazione generale dell’ambiente. Una bassa intensità si adatta a scene notturne o di interno. L’uso del giallo può creare effetti di luce pomeridiana.  
Nelle scene diurne si imposta inoltre una luce distante, detta anche luce solare perché imita quella del sole. E’ una fonte luminosa che è situata all’esterno del modello, ma di cui va stabilita la direzione definendo l’azimut e l’altitudine. Emette raggi di luce paralleli e uniformi in una sola direzione e crea ombre portate. Genera inoltre un forte contrasto tra le superfici direttamente illuminate e quelle situate in ombra.  
Per attenuare il contrasto si posizionano dentro al modello, dalla parte opposta al sole, una o più luci di più bassa intensità dette luci omnidirezionali o puntiformi, le quali proiettano in tutte le direzioni, come una lampadina priva di paralume, diffondendo un sufficiente chiarore sulle parti in ombra e in particolare sulle superfici contrapposte al sole le quali altrimenti resterebbero nere. 
La fig. 101 (n. 3) mostra il posizionamento delle luci dentro al modello architettonico che ha consentito di ottenere l'immagine fotografica in alto (n 1). La luce pomeridiana del sole, proveniente da sinistra, si infila nelle lunette laterali della volta e crea un fascio di luce radente sulla parete di fondo. 
Per l’illuminazione di interni si utilizzano luci spot che a imitazione delle lampade elettriche emettono coni di luce direzionali creando ombre portate; inoltre con un effetto particolarmente realistico il punto di massima illuminazione della superficie è circondato da un’area di intensità minore.  
Gli oggetti scuri della pianta alla fig. 101 (n. 4) corrispondono alla posizione dei singoli punti luce del modello che hanno consentito di ottenere l’immagine fotografica in alto a destra (n. 2). Le luci vengono posizionate come un qualunque oggetto del disegno, utilizzando all’occorrenza il comando Sposta. Nel caso specifico sono state collocate su tutti i davanzali delle finestrine, sul pavimento dei matronei, dentro i lampadari tubolari appesi alle volte dei vari ambienti che sono stati modellati come superfici 3d. Le luci si riflettono sui vetri delle finestre e sul pavimento in marmo con una intensità definita dai valori di riflessione impostati nelle mappe procedurali dei due materiali.  
 
4. Sfondo, nebbia e oggetti paesaggio 
 
I CAD offrono una serie di immagini fotografiche standard — in genere cieli più o meno nuvolosi — da adottare come sfondo (background) durante il rendering. In alternativa si può utilizzare qualunque altra immagine. La foto del background riempie tutto lo schermo dietro il modello e resta immutata quando si cambia punto di vista. Quindi bisogna avere cura che l’angolazione del rendering sia coerente con la prospettiva della foto (fig. 102b). 
Un render che inquadra il modello dall’interno verso il perimetro restituisce una fastidiosa e irrealistica rappresentazione del vuoto che si apre all’improvviso oltre il bordo esterno, dando la sensazione di trovarsi in cima a un grattacielo o su un tappeto volante (fig.102a). Si rimedia utilizzando un apposito comando che consente di mettere sullo sfondo della nebbia, di cui può essere regolata l’intensità, la quale oltre a mascherare il bordo crea un gradevole effetto di prospettiva aerea.  
Gli oggetti paesaggio sono sagome bidimensionali piatte (billboard che significa “tabellone pubblicitario”) o a croce (quad) che si applicano sul modello (fig. 102b) per simulare in fase di rendering elementi del paesaggio: vegetazione, persone o altro. A ciascuna di queste è associata un’immagine fotografica che diventa visibile solamente durante il rendering. Hanno il vantaggio di occupare poca memoria, pur creando effetti di notevole realismo, sono facilmente posizionabili sul modello e possono essere rapidamente trasformate — ad esempio spostate, copiate, scalate — utilizzando gli ordinari strumenti del menù Modifica. 
I CAD mettono a disposizione una libreria contenente alcuni di questi oggetti. Se ne possono creare liberamente altri da qualunque fotografia, utilizzando un programma di fotoritocco. Ogni oggetto paesaggio va associato a una mappa di opacità all’interno della stessa cartella (fig. 102c). Nel file d’immagine la parte della fotografia che non deve essere visibile va colorata di nero. Si crea quindi una copia di questo file (mappa di opacità), dove andrà colorata di bianco la sagoma da renderizzare. Un algoritmo del programma, mettendo a confronto le due immagini, consentirà in fase di rendering di nascondere la parte nera e rendere visibile quella che nella mappa di opacità risulta bianca. 
Un apposito comando consente di fare in modo che le billboard, cambiando l’angolo di visualizzazione del modello, si mantengano sempre in posizione frontale verso l’osservatore. Trattandosi di sagome bidimensionali è una soluzione pratica in quanto evita di doverle ruotare una per una ogni volta che si cambia il punto di vista del rendering.  
Utilizzando il comando Copia gli oggetti paesaggio raffiguranti elementi della vegetazione possono essere rapidamente replicati in gran numero sul modello tridimensionale. Questa procedura risulta particolarmente utile ad esempio per quelle ricostruzioni che intendono dare una rappresentazione verosimile del paesaggio antico e che richiedono pertanto il posizionamento di una grande quantità di alberi sulla scena. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
figura 99 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
figura 100a 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
figura 100b 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
figura 100c 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
figura 100d 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
figura 100e 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
figura 101 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
figura 102a 
 
 
 
 
figura 102b 
 
 
 
 
figura 102c 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 precedente
 
inizio pagina
successiva